Società con lo stesso nome?
Due società possono avere lo stesso nome? Dipende. La denominazione o ragione sociale non potrà essere identica a quella di un'altra società ove ciò possa arrecare confusione, il che avviene quando tra le due imprese vi sia anche solo potenzialmente una situazione di concorrenza.
Di questo argomento abbiamo già parlato in un nostro video precedente, che potete vedere sul nostro canale YouTube.
In questo videoarticolo rivediamo rapidamente che cosa prevede la legge in caso di omonimia tra due società e facciamo qualche esempio pratico.
Il nome di una società non può essere identico a quello di un'altra quando c'è il rischio di fare confusione tra l'una e l'altra.
Quando c'è, in concreto, il rischio di confusione? Quando le due società con lo stesso nome sono tra loro concorrenti, cioè se producono o vendono gli stessi beni o servizi e operano nello stesso ambito geografico; quindi, in sostanza, quando possono aspirare ad avere gli stessi clienti.
Attenzione: la concorrenza tra due imprese può essere anche solo potenziale. Cosa significa? Che possono essere considerate tra loro concorrenti anche due imprese che producono beni o servizi non identici ma solo affini. Infatti, il giudizio sulla concorrenzialità tra le due imprese deve tenere in considerazione una possibile espansione del mercato delle imprese stesse, sia sotto il profilo dei beni o servizi prodotti, sia sotto il profilo geografico.
Ad esempio, la società Fiori Alfa s.r.l., che spedisce fiori a domicilio su tutto il territorio italiano e ha sede a Roma, potrebbe ritenersi potenzialmente concorrente anche con un vivaio in provincia di Verona, il quale dunque potrebbe correre dei rischi se scegliesse una denominazione sociale identica, cioè Fiori Alfa s.r.l.
E se il vivaio di Verona scegliesse comunque la denominazione sociale Fiori Alfa s.r.l.? Con buona probabilità, la società di Roma – forte del fatto di aver registrato il proprio nome per prima nel registro delle imprese – porterebbe il vivaio di Verona davanti a un giudice per ottenere la sua condanna alla rimozione – o quantomeno – all'integrazione della denominazione abusiva, nonché al risarcimento del danno – danno che, però, non è sempre facile provare.
In cosa consiste il danno derivante dall'uso di una denominazione sociale identica a quella di una società concorrente? Ad esempio, nello sfruttamento indebito di un nome che è diventato molto conosciuto tra il pubblico dei consumatori grazie a notevoli investimenti in pubblicità. Tornando al nostro caso, se il vivaio di Verona “ruba” la denominazione alla nota società di Roma, i consumatori potrebbero fare un'indebita associazione tra le due: in tal caso, il vivaio di Verona si approprierebbe di vantaggi che la romana Fiori Alfa s.r.l. si è guadagnata attraverso costose campagne pubblicitarie. Il danno subito da Fiori Alfa deriverebbe, dunque, da un atto di concorrenza sleale del vivaio di Verona.
Se, poi, il nome “Fiori Alfa” non è solo la denominazione della società ma è stato anche registrato come marchio, il relativo titolare potrà agire in giudizio contro il vivaio veronese invocando anche la contraffazione del marchio.
Quando, invece, l'omonimia è ammessa? Quando non c'è concorrenza, nemmeno potenziale, tra le due società omonime, ossia quando producono o vendono prodotti o servizi diversi e non lavorano nello stesso mercato geografico.
E se il nome della società corrisponde al nome di uno dei soci, l'omonimia è ammessa?
Ad esempio: se il mio cognome è Lavazza e, fatalità, la piccola società di provincia a cui partecipo produce capsule di caffé, la società stessa potrà essere denominata Lavazza s.n.c., "copiando" il nome al noto colosso italiano del caffé, ossia Luigi Lavazza s.p.a.?
Questa domanda sorge spontanea perché, per legge, il nome delle società in nome collettivo e delle società in accomandita semplice deve necessariamente contenere il nome di almeno uno dei soci illimitatamente responsabili – ossia di quei soci che rispondono con il proprio patrimonio dei debiti della società personalmente e senza limiti.
Questa previsione di legge ha lo scopo di tutelare i creditori della società, rendendo immediatamente evidente a quale socio potranno rivolgersi se il patrimonio della società non fosse sufficiente per soddisfare i loro crediti.
Secondo la giurisprudenza, è illegittimo inserire il nome di un socio nella ragione sociale quando ciò possa provocare confusione con altra impresa. Quindi, tornando al nostro esempio, la piccola società di provincia che produce capsule di caffé non dovrebbe chiamarsi Lavazza s.n.c., per scongiurare il rischio di confusione con la ben più nota Luigi Lavazza s.p.a.
Quindi, come si fa a bilanciare, da un lato, l'esigenza di trasparenza della denominazione sociale a tutela dei creditori (che vorrebbe che il nome della società riproducesse quello di un socio) e, dall'altro lato, l'esigenza di evitare il rischio di confusione (a tutela dei consumatori e della società che ha registrato il nome per prima)?
Nell'ipotesi in cui la confusione sia generata dal nome di uno dei soci, i giudici hanno talvolta condannato il socio a cambiare radicalmente il nome (ad esempio inserendo, quando possibile, il nome di un altro socio illimitatamente responsabile): altre volte, invece, i giudici si sono limitati a imporre opportune integrazioni.
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