I DIRITTI CHE DERIVANO DALLA REGISTRAZIONE DEL MARCHIO

La registrazione del marchio conferisce al relativo titolare il diritto di fare un uso esclusivo del segno (articolo 20, Codice della proprietà industriale – “CPI”).

Dal suddetto diritto discende, di conseguenza, l’ulteriore diritto del titolare del marchio registrato di vietare ai terzi, salvo il proprio consenso, l’uso di un segno identico o simile al proprio marchio registrato, per contrassegnare prodotti o servizi identici o affini a quelli per cui il segno è stato registrato.

In particolare, in base alla formulazione letterale della disposizione di legge:

(i) in caso di identità tra i marchi, la contraffazione è sempre presunta;

(ii) al contrario, nel caso in cui vi sia solo una similitudine tra segni, ai fini dell’integrazione dell’illecito di contraffazione occorre altresì provare che, a causa della somiglianza, sussiste anche un rischio di confusione fra i prodotti o i servizi contrassegnati con il reale marchio e quelli cui è apposto il segno contraffatto.

Se il marchio registrato, tramite il proprio uso, acquisisce rinomanza – ossia diventa molto noto tra i consumatori e risulta, quindi, immediatamente riconoscibile dal consumatore medio – il relativo titolare potrà vietare ai terzi l’uso di un segno identico o simile al marchio registrato per contrassegnare prodotti e servizi anche non affini in tutti i casi in cui l’uso del segno (i) consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo e dalla rinomanza del marchio o (ii) reca pregiudizio agli stessi.

CONTRAFFAZIONE DEL MARCHIO REGISTRATO: DEFINIZIONE

Chiarito in che cosa consista il diritto di esclusiva conferito al titolare del marchio a seguito della registrazione, possiamo dedurre a contrario che determina un’ipotesi di contraffazione marchio ogni utilizzo del marchio registrato diverso dagli utilizzi autorizzati dal relativo titolare.

Presupposto del divieto di contraffazione marchi è, dunque, il diritto all’uso esclusivo del marchio registrato da parte del titolare.

Ad esempio, realizza una contraffazione il soggetto terzo non titolare di un marchio registrato il quale:

  • appone un segno simile o identico a un marchio registrato sui propri prodotti – destinati al commercio – sulle loro confezioni o sugli imballaggi;
  • offre o fornisce servizi contraddistinti da un segno simile o identico a un marchio registrato;
  • importa o esportare prodotti contraddistinti dal segno stesso;
  • utilizza il segno nella corrispondenza commerciale e nella pubblicità della propria impresa;
  • in tutti i casi in cui anche una sola delle condotte anzidette determina – anche solo in potenza – un rischio di confusione dei consumatori.

Il rischio di confusione può concretizzarsi anche in caso di potenziale associazione fra i due segni: la vista del marchio contraffatto evoca nel consumatore il vero marchio registrato e l’associazione fra i due segni induce il consumatore ad acquistare il prodotto contrassegnato dal marchio contraffatto; pertanto, l’imprenditore che ha fatto uso del segno contraffatto si giova degli investimenti effettuati (ad esempio, in pubblicità) dal proprietario del marchio registrato.

In definitiva, si ha contraffazione quando un soggetto non autorizzato fa un utilizzo illegittimo di un marchio registrato altrui o di un segno simile, con il risultato di indurre in confusione (anche solo potenziale) l’ignaro consumatore.

La contraffazione non è necessariamente intenzionale: infatti, può capitare di imitare inconsapevolmente un marchio altrui e di scoprirlo solo quando è troppo tardi. Anche in questo caso il legittimo titolare del marchio registrato è tutelato dalla legge e può agire in giudizio nei confronti dell’inconsapevole contraffattore per ottenere la cessazione dell’uso illegittimo del segno e il risarcimento del danno.

CONTRAFFAZIONE DEL COSIDDETTO MARCHIO DEBOLE

Un marchio debole è un marchio dotato di una scarsa capacità distintiva. Ciò succede, ad esempio, nel caso di marchi composti, almeno in parte, dal nome comune del prodotto che rappresentano, ossia di marchi c.d. descrittivi.

Perché? La parte di marchio composta dal nome comune del prodotto non è soggetta a tutela e, quindi, può essere imitata dagli imprenditori concorrenti che vendono lo stesso prodotto. Infatti, nessuno può pretendere di acquisire il monopolio sul nome generico di un prodotto, precludendo così ai propri concorrenti di utilizzarla a loro volta.

Ad esempio, il marchio Zushi, che contrassegna la nota catena di ristoranti giapponesi, è potenzialmente un marchio debole, perché è in gran parte composto dalla denominazione generica del prodotto venduto dall’impresa (sushi): l’unica parte innovativa del marchio è la lettera Z. Ebbene, chiunque potrà fare uso della parte non distintiva del segno, ossia quella che si limita a descrivere il prodotto.

Cosa comporta la debolezza del marchio sotto il profilo della sua contraffazione? Il marchio debole, sebbene registrato, gode di una tutela attenuata rispetto al marchio forte: bastano piccole differenze tra i due segni per escludere la contraffazione del marchio debole e la possibilità che si concretizzi il rischio di confusione tra i due segni a danno del consumatore.

Insomma: se il marchio forte si reputa contraffatto anche attraverso l’uso di un segno che presenta integrazioni rilevanti rispetto all’originale registrato. Al contrario, il marchio debole, di regola, non si considera contraffatto da altro segno anche se molto simile all’originale: basta che non sia identico e presenti anche solo lievi modifiche o aggiunte, purché idonee a fare percepire al consumatore gli elementi differenziali.

CONTRAFFAZIONE MARCHIO NON REGISTRATO (O MARCHIO DI FATTO)

Abbiamo visto quando si configura la contraffazione del marchio registrato. È possibile che la contraffazione si riferisca anche a un marchio non sottoposto a registrazione?

Anche se la registrazione del marchio costituisce l’unico strumento che garantisce al suo titolare un diritto di esclusiva, alcuni diritti connessi al marchio non sono legati alla sua registrazione ma sorgono attraverso il semplice uso di fatto del segno da parte del suo titolare. Il nostro ordinamento, infatti, tutela anche il cosiddetto marchio di fatto, ossia quel segno utilizzato per contraddistinguere prodotti e servizi che non è stato sottoposto alla procedura di registrazione.

Tuttavia, la tutela del marchio di fatto è limitata al suo preuso (cioè all’uso precedente). Quindi, cosa succede se un terzo registra un marchio uguale o simile? È contraffazione del marchio di fatto oppure no?

Di regola, se un imprenditore utilizza un determinato segno nell’ambito della propria attività commerciale, ma non lo registra, si espone al rischio che qualcun altro lo registri prima di lui.

Tuttavia, il titolare del marchio di fatto potrà continuare a usarlo, ma solo nei limiti del preuso, cioè dell’uso che ne ha sempre fatto. In altre parole, non potrà usare quello stesso segno per estendere il proprio mercato: si tratta di un limite considerevole, ragion per cui è preferibile effettuare il modesto investimento che richiede la registrazione del marchio, unico strumento che garantisce al titolare un diritto di esclusiva incontestabile.

AZIONE DI CONTRAFFAZIONE: QUALI RISULTATI SI POSSONO OTTENERE

Il titolare di un marchio registrato, il quale reputa che il suo diritto all’uso esclusivo del segno sia stato violato, è legittimato ad agire in giudizio attraverso la cosiddetta “azione di contraffazione”, finalizzata a ottenere la cessazione immediata dell’uso del segno contraffatto ed eventualmente anche un risarcimento dei danni subiti.

Sul titolare del marchio incombe l’onere di provare l’intervenuta contraffazione, ossia di dimostrare:

(i) che il soggetto convenuto in giudizio faccia uso di un segno identico o simile al proprio marchio registrato per contrassegnare prodotti identici o affini;

(ii) (se il segno contraffatto è solo simile al marchio registrato e non identico) che la somiglianza tra i due segni determina un rischio di confusione nel pubblico dei consumatori;

(iii) in caso di richiesta di risarcimento del danno, che il pregiudizio che si allega è concreto e attuale e la relativa consistenza.

Ai sensi dell’articolo 122 bis del CPI, in caso di marchio registrato concesso in licenza a terzi, salvo che il contratto di licenza non preveda diversamente, il licenziatario del marchio può avviare l’azione di contraffazione solo con il consenso del titolare o – se la licenza è esclusiva – anche in caso di inerzia del titolare. Inoltre, il licenziatario ha diritto di intervenire nel giudizio di contraffazione avviato dal titolare del marchio per ottenere il risarcimento del danno personalmente subito.

Ai sensi dell’articolo 124 e seguenti del CPI, la sentenza che accerta la contraffazione del marchio può disporre la cessazione (detta anche “inibitoria”) della fabbricazione, del commercio e dell’uso delle cose contrassegnate dal segno contraffatto, e l’ordine di ritiro definitivo dal commercio delle medesime. Con la sentenza, inoltre, può anche essere ordinata la distruzione di tutte le cose contraffatte a spese dell’autore della violazione. Pronunciando l’inibitoria, il giudice può fissare una somma dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata e per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento.

Sotto il profilo risarcitorio, il titolare del marchio registrato ha il diritto di ottenere il risarcimento del danno, quantificato secondo i criteri civilistici ordinari, tenuto conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative (compreso il mancato guadagno) del titolare del diritto leso e i benefici realizzati dall’autore della violazione. Il risarcimento, a seconda dei casi, può anche raggiungere importi molto elevati.

Infine, è possibile chiedere al giudice anche la pubblicazione della sentenza a spese della parte soccombente su quotidiani o siti internet, sanzione che determina un grave discredito per chi ha contraffatto il marchio.

Qualora sussistano i presupposti del fumus boni juris (probabile fondatezza della pretesa) e del periculum in mora (pericolo di pregiudizio nel ritardo), l’azione di contraffazione del marchio può essere promossa anche in via cautelare e d’urgenza ai sensi dell’articolo 700 c.p.c. In questo modo il titolare del marchio può anticipare parzialmente gli esiti del giudizio ordinario, ottenendo la cessazione immediata dell’uso del segno contraffatto ed, eventualmente, anche il sequestro dei beni contraffatti.

L’emissione di un provvedimento urgente in sede cautelare è particolarmente indicata anche per limitare i danni ingenti che, altrimenti, l’imprenditore potrebbe subire nell'immediatezza a causa dell’uso illegittimo del segno contraffatto da parte di un proprio concorrente. Di regola, la tutela cautelare viene concessa in tempi rapidi proprio in ragione degli elevati danni potenziali che, in difetto, l’imprenditore vittima della contraffazione potrebbe subire.

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