TUTELA DEL DESIGN INDUSTRIALE - SECONDA PARTE
Capita di frequente di vedere esposte nei musei le opere più celebri e apprezzate del design industriale.
Alcuni pezzi di design hanno grande rilievo nel panorama della cultura artistica contemporanea: eppure, in Italia, fino al 2001 al design industriale non era riconosciuta la tutela del diritto d'autore, ma solo quella della registrazione come disegno o modello offerta dal codice della proprietà industriale.
Di questa forma di tutela abbiamo già parlato in un precedente video, di cui vi lasciamo il link in descrizione.
Come detto nel precedente video, la tutela “industriale” o “brevettuale” offerta dal design è ben più circoscritta rispetto a quella prevista dalla legge sul diritto d'autore: l'esclusiva sul disegno o modello di design registrato dura 5 anni, prorogabili per ulteriori 4 quinquenni, cioè per massimo 25 anni.
Invece, la legge sul diritto d'autore tutela l'opera dell'ingegno per tutta la vita dell'autore e fino a 70 anni dopo la sua morte.
Inoltre, la tutela “brevettuale” può ottenersi solo all'esito di una procedura burocratica di registrazione del disegno o modello di design in un apposito elenco pubblico, con spese a carico del titolare del design; invece, la tutela “autorale” può essere attivata senza formalità né costi: l'autore ne beneficia automaticamente dal momento della creazione dell'opera.
L'impossibilità di proteggere il design attraverso il diritto d'autore – che, ricordiamolo, dovrebbe tutelare la creatività in ogni sua forma di espressione – risultava ancor più sconcertante, se si pensa che potevano – e possono tuttora – essere tutelate dal diritto d'autore opere dotate di un “livello creativo” ben inferiore alle opere di design come, ad esempio, le raccolte di ricette o, addirittura, le raccolte di massime giurisprudenziali.
La situazione comincia a cambiare a partire dal 1998: per effetto di una direttiva europea recepita nel 2001, anche in Italia alla protezione “brevettuale” del Codice della proprietà industriale si aggiunge la tutela offerta dalla legge sul diritto d'autore.
Oggi l'articolo 2 numero 10 della legge sul diritto d'autore prevede infatti che sono comprese nella tutela autorale anche “le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico”.
La formulazione letterale della nuova disposizione ha generato un complesso dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza, soprattutto in relazione all'interpretazione del requisito del valore artistico, di cui l'oggetto di design deve essere dotato per poter essere tutelato dal diritto d'autore.
Di regola, le opere dell'ingegno, se dotate di carattere creativo, possono essere tutelate dal diritto d'autore a prescindere da una valutazione sul loro valore artistico. Al contrario, l'oggetto di design industriale gode della tutela del diritto d'autore solo se (i) ha carattere creativo e (ii) ha anche valore artistico. Insomma, per tutelare il design è richiesto un requisito in più: quello del valore artistico.
Secondo parte della dottrina il requisito del valore artistico avrebbe imposto delle condizioni di accesso alle tutela autorale troppo rigide a danno delle imprese che investono nell'innovazione tecnologica e nel design.
D'altro canto, altra parte della dottrina ha ritenuto che il criterio del valore artistico abbia il merito di limitare l'ampia tutela del diritto d'autore alle sole opere di design più meritevoli, così evitando un'integrale sovrapposizione tra la tutela autorale e quella brevettuale, che potrebbe addirittura determinare alcuni effetti distorsivi sul mercato e sulla concorrenza tra imprese.
In quali termini? L'esclusiva a lunga durata prevista dal diritto d'autore, se concessa in via generale a tutte le opere del design industriale, potrebbe determinare l'instaurazione di posizioni di monopolio o di oligopolio da parte delle imprese più solide, capaci di accaparrarsi la collaborazione con i designer più celebri e di comprare da questi i diritti di sfruttamento economico delle loro opere. In tale contesto, i nuovi e i piccoli imprenditori, non potendosi permettere di comprare tali diritti sulle opere di design, non potrebbero mai emergere e generare profitti.
Alla luce di questi argomenti sembrerebbe preferibile limitare la tutela autorale a favore delle sole opere di design che hanno qualcosa in più rispetto alle altre, ossia il “valore artistico”.
Ma cosa si intende, in pratica, per valore artistico? Quando si può dire che un'opera di design industriale abbia tale valore?
Anche su questo tema le opinioni sono molteplici.
Quali sono gli indizi suggeriti dalla giurisprudenza più recente?
Secondo i giudici, indice del valore artistico è che l'opera di industrial design sia valutata economicamente anche nel circuito del mercato dell'arte. Ciò, di solito, accade se l'oggetto di design è un pezzo unico oppure se è stato realizzato in una serie limitata di pezzi numerati.
Un indice affine consiste nel dare rilevanza al fatto che l'oggetto di design sia stato esposto in mostre o musei, o pubblicato su riviste specializzate a carattere non commerciale o, ancora, che abbia vinto qualche premio.
Un altro indizio consiste nel valutare se l'oggetto di design sia di “alta gamma”. In base a questo criterio sarebbero considerati opere dell'ingegno solo gli oggetti di design particolarmente preziosi e ricercati.
Un ulteriore indizio del valore artistico consiste nella capacità dell'oggetto di design di “suscitare emozioni estetiche”; in sostanza si valuta se l'oggetto è dotato di una maggiore creatività o originalità delle forme rispetto a prodotti simili presenti sul mercato.
Anche la notorietà del designer che ha realizzato l'oggetto può contribuire a valutare la sussistenza del requisito del valore artistico.
Attenzione: la presenza di uno o più di questi indizi non conferma automaticamente che l'oggetto di design sia dotato di valore artistico. Occorrerà valutare di volta in volta gli indizi in concreto.
Facendo applicazione degli indici sopra elencati, il tribunale di Milano ha ritenuto che i famosi Moon Boot fossero dotati di valore artistico e quindi degni di godere della tutela del diritto d'autore: in particolare, grazie al loro peculiare impatto estetico, i Moon Boot avrebbero profondamente mutato la stessa concezione estetica dello stivale doposci, divenendo una vera e propria icona del design italiano e della sua capacità di far evolvere in modo irreversibile il gusto di un'intera epoca storica in relazione agli oggetti di uso quotidiano.
Al fine di riconoscere valore artistico ai Moon Boot sono stati valutati i molteplici premi nazionali ed internazionali ottenuti dai Moon Boot, il loro inserimento in monografie sul design contemporaneo e soprattutto un riconoscimento molto speciale da parte del Louvre di Parigi, che nel 2000 li ha inseriti tra i cento simboli di design più significativi del ventesimo secolo.
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