CHIRURGIA PLASTICA ED ESTETICA E APPLICAZIONE DELL’IVA – PARTE 4
LA GIURISPRUDENZA ITALIANA E COMUNITARIA
Nei contenziosi fra l’Agenzia delle Entrate e i medici specialisti in chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica con riferimento all’applicazione dell’IVA sulle prestazioni mediche svolte nell’ambito della propria attività professionale, qual è il ruolo svolto dalla giurisprudenza italiana e comunitaria?
Nei processi verbali di contestazione notificati dall’Agenzia delle Entrate che abbiamo avuto modo di esaminare, abbiamo trovato alcuni riferimenti a pronunce della Cassazione che, a nostro avviso, non sempre si sono rivelati attinenti ai casi oggetto di accertamento.
In certi casi, addirittura, le pronunce citate erano favorevoli alla posizione del contribuente: ad esempio, una nota ordinanza della Cassazione del 2021, lungi dal sostenere la posizione dell’Agenzia delle Entrate, ribadisce l’esenzione per le prestazioni mediche non “di natura puramente estetica” e, quanto al regime dell’onere della prova, conferma che solo il medico – certamente non la Guardia di Finanza né l’Agenzia stessa – può attestare la finalità curativa della prestazione sanitaria. Sia le operazioni di chirurgia estetica sia gli stessi trattamenti di carattere estetico rientrano nelle nozioni di “cure mediche” o di “prestazioni mediche [alla persona]” qualora abbiano lo scopo (certificato dal medico stesso) di diagnosticare, curare o guarire malattie o problemi di salute o di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone.
Favorevole alla posizione del contribuente è risultata anche certa giurisprudenza comunitaria citata dagli accertatori: si pensi, ad esempio, alla nota pronuncia della Corte di giustizia del 2013 che, nel ribadire l’esenzione per le prestazioni mediche non “di natura puramente estetica”, conferma appieno i precedenti comunitari.
Uno dei principi consolidati della giurisprudenza comunitaria è proprio quello per cui “i problemi di salute affrontati dalle operazioni esenti possono essere di ordine psicologico”, con la conseguenza che un intervento o un trattamento, anche se di natura estetica, può beneficiare dell’esenzione purché non sia puramente cosmetico, cioè privo di qualsivoglia finalità di tutela della salute.
Quanto al citato concetto di “salute”, in mancanza di una definizione uniforme, occorre fare riferimento all’unica nozione universalmente riconosciuta, cioè quella che fornisce l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che consiste nello “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non soltanto in un’assenza di malattia o di infermità”.
Rientrano, dunque, nelle prestazioni e cure mediche tutte quelle attività che sono dirette a ottenere assenza di malattia e miglioramento del benessere fisico, mentale e sociale dell’individuo, basate sul rapporto terapeutico medico-paziente. Il concetto di salute – come quello di malattia – non va limitato al mero fatto fisico, accertabile mediante strumenti diagnostici: nella società attuale, anche l’estetica di una persona è una componente importante del benessere fisico, sociale e mentale che integra il concetto di salute.
Chiunque consulti il chirurgo plastico ed estetico per un difetto fisico oggettivamente rilevabile lo fa per motivi primariamente psicologici, ossia perché ciò determina uno stato di disagio psichico che si traduce nella non accettazione del difetto stesso, nel timore del giudizio degli altri, in un pensiero pervasivo; tali difetti spesso compromettono la qualità della vita, delle relazioni interpersonali, delle prestazioni (e del conseguente successo) nello studio e nel lavoro, e sono fonte di forte stress, di ansia, di un abbassamento del tono dell’umore e dell’autostima, che possono sfociare in un quadro depressivo o di frustrazione.
D’altra parte, è intuitivo che un soggetto che si determini a ricorrere a un intervento chirurgico – con tutti i rischi (come necrosi e trombosi, solo per citare i più ricorrenti) e le complicazioni che ciò comporta (come emorragie, infezioni, edemi, cattiva cicatrizzazione, cambiamenti nella sensibilità, reazioni allergiche, rischi da anestesia locale e sedazione) – lo faccia per motivi molto seri che lo spingono a superare una situazione di disagio.
Seguiranno ulteriori articoli di approfondimento su questo stesso tema.
Qui il primo articolo della serie.
Qui il secondo articolo della serie.
Qui il terzo articolo della serie.
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