Indietro


I PRINCIPI DI TUTELA DEL LEGITTIMO AFFIDAMENTO E DI CERTEZZA DEL DIRITTO

Nei contenziosi fra l’Agenzia delle Entrate e i medici specialisti in chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica con riferimento all’applicazione dell’IVA sulle prestazioni mediche svolte nell’ambito della propria attività professionale, qual è il ruolo svolto dai principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto?

Tali principi impediscono all’autorità fiscale nazionale che abbia dato precise indicazioni ai fini dell’applicazione di un tributo (fra cui l’IVA) di esigere dal contribuente il pagamento di tributo, sanzioni ed interessi, anche nel caso in cui il tributo sarebbe stato in ipotesi “dovuto” secondo il diritto UE.

Sotto il profilo della tutela del legittimo affidamento, il leading case è costituito da una sentenza con cui la Corte di giustizia si esprime in merito al caso di un contribuente che, in conformità alle indicazioni dell’Autorità nazionale competente, non aveva applicato l’IVA su talune prestazioni; in tale caso la Corte accoglie la tesi sostenuta dalla Commissione in ordine alla non debenza non solo delle sole sanzioni ed interessi ma anche del tributo.

Nella stessa sentenza, premesso che “Le autorità nazionali sono tenute a rispettare il principio della tutela del legittimo affidamento degli operatori economici”, la Corte esamina i requisiti essenziali della tutela del legittimo affidamento, consistenti:

a) nel verificare “se gli atti dell’autorità amministrativa abbiano ingenerato fondate aspettative in capo ad un operatore economico prudente ed accorto”;

b) nell’accertare “la legittimità di tali aspettative”.

Anche nei recenti casi oggetto di provvedimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate è dunque necessario verificare la sussistenza di entrambi i requisiti anzidetti per stabilire se il contribuente non abbia applicato l’IVA in forza di un legittimo affidamento.

Il principio di tutela del legittimo affidamento quale motivo impeditivo della richiesta del tributo IVA è stato ribadito dalla Corte di giustizia in un’altra sentenza nella quale la Corte si è pronunciata anche sul principio di certezza del diritto.

Nella fattispecie, alla Corte di giustizia viene sottoposta la seguente questione: “Se … il principio della certezza del diritto, il principio della tutela del legittimo affidamento nonché gli altri principi generali in materia di IVA … debbano essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale in base alla quale [l’amministrazione tributaria], dopo aver inizialmente riscosso dalla persona fisica l’imposta sui redditi provenienti dal trasferimento di proprietà che rientrano nel patrimonio personale, senza che vi sia stata alcuna modifica sostanziale del diritto primario, sulla base dei medesimi elementi di fatto, dopo un periodo di due anni, riesamina la sua posizione e qualifica le medesime operazioni come attività economiche soggette a IVA, calcolando retroattivamente gli accessori”.

In tale occasione, quanto al contenuto del principio di certezza del diritto, la Corte afferma che “la normativa dell’Unione deve essere certa e la sua applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottopostila normativa degli Stati membri deve essere formulata in modo non equivoco, al fine di consentire ai soggetti interessati di conoscere i loro diritti e obblighi in modo chiaro e preciso e ai giudici nazionali di garantirne l’osservanza”.

Anche in tale sentenza la Corte ribadisce che “occorre verificare se gli atti di un’autorità amministrativa abbia ingenerato un ragionevole affidamento in capo ad un operatore economico prudente ed accorto e, in tal caso, accertare la legittimità di tali aspettative”.

Gli approdi cui la Corte di giustizia giunge in materia di tutela del principio di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento sopra esaminati si ricollegano al principio più generale secondo cui, in presenza di norme nazionali contrastanti con il diritto UE (perché non attuato affatto o perché attuato in modo erroneo), lo Stato non può mai invocare il proprio inadempimento in danno del cittadino (nel caso di specie, il contribuente) – in altri termini: dal comportamento illegittimo dello Stato non possono mai derivare conseguenze pregiudizievoli per il cittadino contribuente.

Dunque, sia che lo Stato abbia male “recepito” le disposizioni unionali in tema di esenzione delle prestazioni sanitarie, sia che le abbia male “interpretate” con un atto interpretativo generale rivolto ai contribuenti a cui questi si siano fedelmente attenuti, il contribuente non potrà mai riceverne un pregiudizio e il tributo non potrà mai essere richiesto.

D’altra parte, il medico chirurgo contribuente che avesse ricevuto (o riceva oggi) indicazione precisa dall’Agenzia delle Entrate di applicare l’IVA alle prestazioni sanitarie svolte si sarebbe limitato (o si limiterebbe oggi) ad applicare il tributo al cliente finale, posto che per il medico stesso, in qualità di sostituto d’imposta, tale operazione si sarebbe rivelata (e si rivelerebbe oggi) del tutto neutrale.

Seguiranno ulteriori articoli di approfondimento su questo stesso tema.

Qui il primo articolo della serie.

Qui il secondo articolo della serie.

Qui il quarto articolo della serie.

Non ci sono ancora commenti: commenta per primo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo e-mail non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contraddistinti dal simbolo *

Inviando confermo il consenso al trattamento dei dati personali che ho inserito nel modulo disciplinato dalla Privacy Policy