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Con il matrimonio i coniugi acquistano diritti e doveri reciproci, riconducibili al principio di solidarietà coniugale, fra cui rientra anche l’obbligo di reciproca assistenza materiale (articolo 143 c.c.).

Tali diritti e doveri, non a caso, sopravvivono nell’ipotesi di separazione (seppur con alcuni temperamenti): la separazione rappresenta, infatti, solo una fase di stand-by del matrimonio, peraltro reversibile (articoli 154 c.c. e 708, comma 1 e 2, c.p.c.), che non scioglie affatto il vincolo matrimoniale né incide sullo status di coniuge.

Con la separazione, su esplicita domanda di parte, il giudice riconosce il diritto al mantenimento di uno dei coniugi nell’ipotesi in cui questi “non abbia adeguati redditi propri” (ossia una fonte effettiva e costante di reddito), purché a questi non sia addebitabile la separazione per aver assunto comportamenti contrari ai doveri che nascono dal matrimonio (articolo 156, comma 1, c.c.).

Qui, l’adeguatezza dei redditi si valuta con riferimento a “quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea [n.d.r. fase di separazione], dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell’assegno di divorzio" (Cass. n. 12196/2017).

L’assegno di mantenimento, dunque, a differenza dell’assegno alimentare di cui agli articoli 433 e seguenti c.c., non presuppone che il coniuge debole versi in “stato di bisogno” e viene quantificato – preso atto della disparità patrimoniale delle parti – in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato (articolo 156, comma 2, c.c.).

Per la quantificazione dell’assegno, in particolare, occorre fare riferimento al reddito netto percepito dal coniuge economicamente più forte, per valutare la sua effettiva capacità di spesa (Cass., ord., n. 13954/2018).

Soprattutto nel giudizio di separazione gli avvocati delle parti devono prestare particolare attenzione alla ricostruzione della complessiva capacità patrimoniale dei loro assistiti, le cui dichiarazioni dei redditi rappresentano un mero punto di partenza.

Nella fase di separazione il giudice esaminerà, su accorta sollecitazione, tutte le altre circostanze che abbiano avuto e continuino ad avere una rilevanza patrimoniale per valutare la condizione economica delle parti (Cass., ord., n. 10304/2018).

Per la quantificazione dell’assegno, dunque, si tiene conto anche di situazioni personali in grado di incidere sulle condizioni economiche delle parti, come le condizioni di salute che comportino costanti spese di cura, la formazione di un nuovo nucleo familiare (Cass. n. 3720/1993), la nascita di un figlio nato da una nuova relazione e il connesso obbligo di mantenimento per il coniuge obbligato (Cass. n. 10197/2005).
 

Assegno di mantenimento e assegnazione della casa familiare

Altro elemento da valutare, sia in fase di separazione che in fase di divorzio, è l’assegnazione della casa familiare, di regola stabilita “tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli” minorenni o comunque non economicamente indipendenti (Cass., ord., n. 3015/2018).

Il vantaggio derivante dal godimento della casa familiare è sicuramente un elemento da tenere in considerazione (Cass. n. 4800/2002). Il coniuge non assegnatario, d’altra parte, potrebbe essere costretto a sostenere un canone di locazione o un rateo di mutuo per un’altra abitazione, con inevitabile restrizione delle proprie capacità patrimoniali; dal momento che il riferimento per il calcolo dell’assegno è il reddito netto percepito dal coniuge economicamente più forte, l’eventuale spesa fissa mensile per esigenze abitative verrà considerata dal giudice in sede di quantificazione dell’assegno di mantenimento.


Si può chiedere la revisione dell'assegno di mantenimento?

Una volta riconosciuto il diritto al mantenimento, la misura dell’assegno può essere modificata in ogni tempo, in presenza di determinati presupposti.

Il coniuge avente diritto e il coniuge obbligato possono richiedere una nuova valutazione delle rispettive capacità patrimoniali in caso di mutamento obiettivo della situazione di fatto in precedenza accertata attraverso un procedimento di modifica delle condizioni di separazione (articolo 710 c.p.c.).

Altrimenti, la corresponsione dell’assegno è dovuta sino all’eventuale sentenza che determina la cessazione del vincolo matrimoniale nel procedimento di divorzio, ovvero – assai raramente – sino alla riconciliazione dei coniugi separati.

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AGGIORNAMENTO DEL 24 OTTOBRE 2019

LA CASSAZIONE ABBANDONA IL CRITERIO DEL TENORE DI VITA MATRIMONIALE PER L'ASSEGNO DI DIVORZIO (N.B: NON PER L'ASSEGNO DI MANTENIMENTO NELLA FASE DI SEPARAZIONE CONIUGALE)

Nel 2019 la Cassazione supera definitivamente il tradizionale criterio del tenore di vita matrimoniale per quantificare l'assegno divorzile sostenendo che esso "non costituisce più un parametro utilizzabile in materia" (Cass., 7 ottobre 2019, n. 24932, confermata nella sostanza da Cass., nn. 24934 e 24935 depositate lo stesso giorno).

In sostanza – applicando il diverso criterio dell'autosufficienza economica del richiedente – la Cassazione afferma che l'assegno dev'essere attribuito e determinato al fine di soddisfare le esigenze di vita dignitosa del coniuge richiedente che, dopo Cass., SU n. 18287/2018 (sopracitata), devono tenere conto anche delle aspettative professionali sacrificate, in base ad accordo con l'altro coniuge, per avere dato un particolare e decisivo contributo alla formazione del patrimonio comune e dell'altro coniuge.

Inoltre, per la prima volta la Cassazione ha applicato di recente i citati principi – espressi per la quantificazione dell’assegno divorzile – per valutare la congruità dell’assegno di mantenimento riconosciuto dal giudice della separazione, tenendo conto che esso è finalizzato al “riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi” (Cass., 15 ottobre 2019, n. 26084).

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AGGIORNAMENTO DEL 19 AGOSTO 2021

La Cassazione civile, con ordinanza 27 luglio 2021, n. 21504, ha ribadito che poiché nella fase di separazione permane il vincolo coniugale (che terminerà solo con l'eventuale divorzio) l'assegno di mantenimento a favore del coniuge mira a salvaguardare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora vincolante il dovere di assistenza materiale tra i coniugi. 

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AGGIORNAMENTO DEL 16 SETTEMBRE 2021

La Cassazione, con ordinanza, 27 luglio 2021, n. 21504, ha ribadito il proprio consolidato orientamento in materia di assegno di mantenimento:  la separazione, a differenza del divorzio, presuppone la continuità del vincolo coniugale ragion per cui i “redditi adeguati” cui va parametrato l’assegno di mantenimento a favore del coniuge debole (salvo in caso in cui venga pronunciato l’addebito) sono quelli che consentono anche al coniuge debole di mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. 

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