Adozione e strumenti di tutela del minore – 2 – servizi sociali
In un altro video articolo abbiamo posto le premesse per inquadrare gli interventi amministrativi o giudiaziari previsti dall’ordinamento a tutela del minore, in particolare l’affidamento familiare e l’adozione.
Si è detto che ogni procedura di presa in carico di un minore nasce da una segnalazione di una situazione di rischio alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni; talvolta il caso viene prima sottoposto ai servizi sociali (ad esempio dagli insegnanti, dai medici o forze dell’ordine), i quali fanno un primo “filtro” delle situazioni familiari critiche, distinguendo quelle che possono gestire in autonomia da quelle che richiedono un preventivo intervento giudiziario.
Generalmente, se i servizi sociali hanno notizia di una situazione familiare fragile si attivano autonomamente per avviare un progetto di sostegno: ad esempio, con l’accordo dei genitori può essere disposto l’affidamento diurno del minore ad una struttura educativa e di aiuto scolastico (questo peculiare tipo di affidamento non impone la segnalazione trattandosi di un intervento meramente amministrativo a sostegno della famiglia nel rispetto di quanto dall’articolo 1 della legge adozione).
In presenza di situazioni familiari difficili che richiedono un allontanamento del minore dalla famiglia, i servizi sociali possono proporre ai genitori un affidamento familiare (c.d. intrafamiliare se il minore viene collocato presso componenti della propria famiglia allargata, o extrafamiliare se viene collocato presso un’altra famiglia).
Si parla per l’appunto di affido familiare consensuale quando il progetto di sostegno viene concordato con la famiglia del minore e da questi condiviso: in questo caso, l’affidamento viene tecnicamente disposto dai servizi sociali sotto la vigilanza del giudice tutelare.
L’affidamento familiare consensuale può essere disposto per un tempo massimo di ventiquattro mesi; qualora per la migliore tutela del minore sia necessaria una proroga spetta al tribunale per i minorenni la competenza a decidere se mantenere l’affidamento familiare o avviare altre procedure di protezione del minore (articolo 4, comma 1 e 4, legge adozione).
Nel caso di opposizione dei genitori, i servizi sociali non possono intervenire autonomamente: solo il tribunale per i minorenni può disporre coattivamente l’affidamento familiare – detto appunto giudiziale – che può essere prorogato più volte senza limiti temporali predefiniti dal legislatore.
N.B.: qui nasce il problema dei c.d. affidamento sine die e la “confusione” fra l’istituto dell’affidamento e quello dell’adozione, soprattutto per quanto riguarda i ruoli degli affidatari e i diritti-doveri dei genitori: a volte quest’ultimi mantengono la responsabilità genitoriale, altre volte l’affidamento giudiziale s’interseca con procedure di limitazione (articolo 333 c.c.) o di decadenza (articolo 330 c.c.) della responsabilità genitoriale e, dunque, occorre guardare al singolo caso concreto.
Di recente, la Cassazione - nel ribadire che l’affidamento extrafamiliare deve considerarsi strumentale a rimuovere situazioni di disagio familiare - ha affermato che in assenza di un termine di durata massima, il provvedimento che lo dispone è annullabile (Cassazione civile, sez. I, ordinanza 14 Febbraio 2022, n. 4797)
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L’adozione, si è detto, allontana definitivamente il minore dalla propria famiglia e per tale ragione è uno strumento da utilizzare come “estremo rimedio”, ossia solo nel caso in cui venga accertato – all’esito di una peculiare procedura – il definitivo e irreversibile stato di abbandono morale e materiale del minore (articolo 8, comma 1, legge adozione); qualora tale condizione di abbandono non sussista in concreto, l’autorità giudiziaria dovrà disporre tutte le misure idonee a salvaguardare il diritto del minore a vivere nella propria famiglia e il diritto alle relazioni familiari di tutte le persone coinvolte.
In ogni procedura è essenziale la valutazione dell’interesse del minore; si tratta di un tema profondamente complesso: basti qui sottolineare che, in questo delicato compito, il giudice può avvalersi della consulenza tecnica d’ufficio e/o dell’inchiesta ai servizi sociali (in tema, da ultimo, Cass. n. 19154/2019).
Il codice di procedura civile disciplina l’azione del consulente tecnico d’ufficio e prevede adeguate garanzie di contraddittorio ma nulla dice rispetto all’intervento dei servizi sociali nelle procedure di presa in carico, affidamento e adozione del minore.
Gli operatori dei servizi sociali rimangono soggetti esterni al processo, non si interfacciano con eventuali consulenti tecnici di parte e organizzano in piena autonomia l’incarico affidato dal giudice, osservando le direttive delle proprie ammministrazioni di riferimento. Peraltro, con grande frequenza, le indicazioni fornite dai servizi sociali vengono poi integralmente recepite dal giudice nei provvedimenti di presa in carico, affidanento e adozione; quando ciò accade, i provvedimenti possono essere contestati dalla famiglia d’origine per violazione dei diritti sostanziali e processuali in gioco, anche attraverso uno studio delle numerose procedure interne censurate nel tempo dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per carenza di giustificazione (da ultimo, R.V. e altri contro Italia del 18 luglio 2019).
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Nel prossimo articolo tratteremo delle tecniche di giustificazione dei provvedimenti a tutela dei minori, traendo spunto anche dalla copiosa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ricordando che not only must Justice be done, it must also be seen to be done!
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Bibliografia essenziale:
F. Ruscello, Intervento pubblico e decadenza della responsabilità genitoriale, Roma, 2016;
L. Lenti, Diritto di famiglia e servizi sociali, Torino, 2018;
A.C. Moro, Manuale di diritto minorile, Bologna, 2019;
A. Cordiano, Il sistema integrato tra servizi sociali e amministrazione della giustizia: Verona come caso di studio, in La città come bene comune, Napoli, 2019;
M. Vivirito Pellegrino, Responsabilità genitoriale e controlli: le avvertenze della Corte Edu, in Autonomia della famiglia e controlli. Prime riflessioni, a cura di G. Castellani – A.Cordiano – G.A. Parini – M. Vivirito Pellegrino, Napoli, 2017;
M. Vivirito Pellegrino, Diritto alle relazioni familiari e sistema rimediale tipico, in Diritto delle persone e della famiglia, 2017, n. 4, p. 1322 e ss.
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