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In questo e nei successivi articoli

adozione e strumenti di tutela del minore - 2 - servizi sociali

adozione e strumenti di tutela del minore - 3 - interesse del minore

tratteremo dell’adozione, dell’affidamento familiare e del ruolo dei servizi sociali nel quadro degli strumenti a protezione del minore previsti dall’ordinamento.

L’affidamento familiare è una forma di accoglienza provvisoria del minore in un’altra famiglia (c.d. affidamento etero familiare), disposta in presenza di situazioni che impongono un allontanamento temporaneo del minore dalla famiglia d’origine (articoli 4 e 5, legge n. 183/1984 e s.m.i., di seguito: legge adozione).

L’adozione (qui tratteremo solo della c.d. adozione piena del minore – articolo 8 e ss., legge adozione), invece, è la forma di accoglienza definitiva del minore in un’altra famiglia che presuppone l’accertamento dello stato di abbandono morale e materiale del minore a carattere irreversibile.

Nei procedimenti di presa in carico dei minori, affidamento e adozione, i servizi sociali giocano un ruolo chiave:

- nella fase di segnalazione delle situazioni di rischio per il minore;

- nella fase di valutazione dell’ambiente familiare, su delega del giudice incaricato di verificarne l’idoneità;

- nella fase di gestione dei rapporti fra minore, famiglia d’origine e famiglia di accoglienza, sotto il controllo – almeno nelle intenzioni del legislatore – dell’autorità giudiziaria competente.

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Per capire (i) come nasce una procedura di affidamento familiare (attenzione alla terminologia: esistono altre forme di affidamento) o di adozione e (ii) il modo in cui possono legittimamente operare i servizi sociali occorre fare alcune premesse:

A. la legge adozione si apre con l’affermazione per cui “Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia” (articolo 1, comma 1, legge adozione);

B. in presenza di situazioni di pericolo, esistono molteplici strumenti che possono essere attivati a tutela del minore, tutti riconducibili ad una delle seguenti tipologie:

- interventi amministrativi, per i quali sono competenti i servizi sociali e i servizi sanitari degli enti locali, di base e specialistici;

- interventi giudiziari, per i quali sono competenti – a seconda della tipologia d’intervento – il tribunale ordinario, il tribunale per i minorenni, il giudice tutelare e la procura della Repubblica (in particolare il pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni);

C. gli interventi giudiziari si suddividono, a loro volta, in:

- interventi con funzione “integrativa” delle funzioni genitoriali, che indirizzano le scelte di chi esercita la responsabilità genitoriale (ad esempio: il giudice ordinario può adottare i provvedimenti nell’interesse della prole in caso di contrasto fra genitori su questioni di particolare importanza – articolo 337 ter c.c.);

- interventi con funzione “sussidiaria” delle funzioni genitoriali, che mirano a contrastare una situazione di pregiudizio del minore, limitando temporaneamente o in via definitiva la responsabilità genitoriale (ad esempio: su impulso del pubblico ministero, il tribunale per i minorenni può limitare l’autonomia dei genitori in tema di scelte di cura, ove il loro comportamento possa arrecare pregiudizio al minore).

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Ogni procedura di presa in carico di un minore nasce da una segnalazione di una situazione di rischio alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni.

Chiunque abbia notizia di un contesto di possibile pregiudizio per un minore può inviare una segnalazione; diversamente, i pubblici ufficiali e chi esercita i servizi di pubblica utilità (in particolare gli insegnanti) hanno l’obbligo di effettuare la segnalazione (articolo 9, legge adozione).

Spesso il caso viene prima sottoposto ai servizi sociali, i quali fanno un primo “filtro” delle segnalazioni, distinguendo quelle che possono iniziare a gestire in autonomia da quelle che richiedono un immediato intervento giudiziario.

N.B.: i servizi sociali non possono ricorrere direttamente al tribunale per i minorenni (tecnicamente non hanno la “legittimazione ad agire”) e devono anch’essi rivolgersi alla procura della Repubblica, cui spetta il compito di decidere se avviare una procedura di controllo sulla responsabilità genitoriale.

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Nel prossimo articolo tratteremo del ruolo dei servizi sociali, anche con riferimento al loro ruolo nei procedimenti di fronte all’autorità giudiziaria.

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Bibliografia essenziale:

F. Ruscello, Intervento pubblico e decadenza della responsabilità genitoriale, Roma, 2016;

L. Lenti, Diritto di famiglia e servizi sociali, Torino, 2018;

A.C. Moro, Manuale di diritto minorile, Bologna, 2019;

A. Cordiano, Il sistema integrato tra servizi sociali e amministrazione della giustizia: Verona come caso di studio, in La città come bene comune, Napoli, 2019;

M. Vivirito Pellegrino, Responsabilità genitoriale e controlli: le avvertenze della Corte Edu, in Autonomia della famiglia e controlli. Prime riflessioni, a cura di G. Castellani – A. Cordiano – G.A. Parini – M. Vivirito Pellegrino, Napoli, 2017.

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