Usurpazione di immobile altrui e tutela (?) possessoria
Abstract semiserio: chi occupa un immobile altrui senza titolo attenda sempre la notifica del ricorso del proprietario prima di andarsene, così da massimizzare il vantaggio illecito ed escludere il rischio di una condanna al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese di giudizio.
Da tre settimane Tizio occupa senza titolo l'immobile di proprietà di Caio.
Caio gli chiede con gentilezza di levarsi di torno ma quello, per dirla con Camilleri, non ha gana.
Caio allora scrive una lettera a Tizio invitandolo a lasciare l'immobile entro quindici giorni.
Nessun progresso.
A Caio non resta quindi che rompere il salvadanaio e rivolgersi all'avvocato, il quale invia una diffida a Tizio per raccomandata con avviso di ricevimento e - dissuaso a fatica Caio dal privare Tizio di acqua, luce e gas, dal cambiare la serratura al momento propizio e dal mettergli le mani addosso - prospetta una causa possessoria nel caso in cui Tizio perseveri nella propria condotta abusiva.
Tizio, che per abitudine non apre al postino - reo, storicamente, di non avergli mai portato buone nuove - non riceve la diffida.
Bisogna così attendere la compiuta giacenza della raccomandata; nel frattempo, l'occupazione abusiva perdura da circa un mese: non fosse per il vitto, sarebbe una vacanza all inclusive.
Caio non ha alternativa rispetto ad agire contro Tizio di fronte al tribunale: l'avvocato predispone un corposo ricorso in cui quantifica persino – attraverso non uno ma ben tre criteri – i danni patrimoniali e non patrimoniali patiti dal proprio assistito, il quale versa al legale un acconto per diffida, ricorso e spese vive.
Caio ben comprende che sarà difficile recuperare da Tizio le somme richieste al tribunale: se Tizio lascerà l'immobile, è probabile che si darà alla macchia, e addio pignoramento, ammesso che un patrimonio da aggredire vi sia.
Eppure non c'è scelta: l'avvocato di Caio boccia senza pietà l'alternativa di versare un secondo acconto a qualche personaggio poco raccomandabile in cambio di una soluzione pulita e più rapida di una causa.
Long story short: ricevuta la notifica del ricorso, il giorno prima dell'udienza Tizio riconsegna le chiavi e fa perdere le proprie tracce come Mr Stapleton alla fine de Il Mastino dei Baskerville.
Celebrata l'udienza, il giudice, preso atto della riconsegna delle chiavi, emette un provvedimento nel quale dichiara cessata la materia del contendere e nulla dispone in punto di spese del giudizio: chi s'è visto s'è visto.
Caio chiede all'avvocato come farà ora a (tentare di) recuperare le somme dovutegli da Tizio.
L'avvocato spiega a Caio che un reclamo contro la decisione del giudice imporrebbe ulteriori attività e costi senza garanzia di successo, così come l'introduzione di un giudizio risarcitorio autonomo nei confronti di Tizio, che nel frattempo potrebbe anche aver lasciato l'Italia.
Caio lascia mesto lo studio dell'avvocato, salda le bollette relative ai consumi del vacanziero Tizio, fa pulire e risistemare l'immobile a proprie spese e sprofonda in poltrona con quest'idea, in testa, che in Italia, nell'ordine: chi fa il furbo la spunta, chi è onesto ci rimette, gli avvocati sono costosi per nulla e i giudici non hanno voglia di lavorare.
All'avvocato sovviene invece quel concetto, appreso all'università, sul valore sociale delle regole e delle sanzioni eque, per cui una minoranza di persone non commetterebbe illeciti anche se la legge non esistesse, un’altra minoranza li commette comunque, ma la maggioranza – c’è poco da fare – riga dritta se e nella misura in cui conviene.
“I soggetti per i quali la pena è determinante presentano nei confronti dei precetti legislativi l’atteggiamento caratteristico delle situazioni conflittuali: desiderano violarli ma si adeguano” (Ferrando Mantovani).
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