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La Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema dell'onere della prova della responsabilità degli amministratori di società - nel caso di specie, con riferimento alle scelte gestionali di programmazione economico-finanziaria.

All'indomani della sentenza n. 7545/2018 della Cassazione, alcuni commentatori hanno sottolineato che, con tale pronuncia, la suprema Corte avrebbe escluso la responsabilità degli amministratori di società di capitali che non abbiano realizzato una “adeguata programmazione economico-finanziaria” (nel caso di specie, si contestava all'amministratore l'inadempimento dell'obbligazione della regolare tenuta delle scritture contabili).

In realtà, la Cassazione non ha affatto sminuito la rilevanza della programmazione economico-finanziaria quale obbligazione tipica del management; al contrario, ha ribadito che il compimento di scelte inopportune dal punto di vista economico ben può rilevare quale giusta causa di revoca.

Il giudizio sulle scelte dell'amministratore, secondo la suprema Corte, non attiene al merito delle scelte gestionali, del tutto discrezionali, bensì al loro metodo: “il giudizio sulla diligenza dell'amministratore nell'adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione o le modalità e circostanze di tali scelte, anche se presentino profili di rilevante alea economica, ma solo la diligenza mostrata nell'apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all'operazione da intraprendere, e quindi, l'eventuale omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità (Cass. 12 febbraio 2013, n. 3409; Cass. 2 febbraio 2015, n. 1783)”.

In punto di nesso causale e danno, la Cassazione ha stabilito:

- che l'inadempimento dell'obbligazione della regolare tenuta delle scritture contabili non giustifica in quanto tale – né sempre e comunque – la quantificazione del danno nella differenza tra il passivo accertato e l'attivo liquidato in sede fallimentare;

- che la sentenza gravata, nell'imputare all'amministratore generiche carenze gestionali, non giustificava il nesso di causalità fra le condotte omissive accertate e il danno lamentato;

con una decisione che, dunque, non tocca l'estensione della responsabilità degli amministratori (invariata) bensì gli aspetti processuali e, soprattutto, istruttori delle azioni svolte nei loro confronti.

In definitiva, mi pare che il take home message non sia un ridimensionamento della responsabilità dell'organo gestorio sotto il profilo della programmazione bensì la conferma che le azioni contro gli amministratori richiedono una perfetta istruzione sotto tutti i profili, sia per evitarne il rigetto, sia per agevolare i magistrati nella redazione della sentenza.

In tale contesto si deve sottolineare l'ennesimo richiamo della Cassazione al rispetto delle “condizioni per una liquidazione in via equitativa”, a riprova che tale liquidazione soggiace a precisi requisiti e non si risolve affatto, com'è pure ancora prassi deprecabile, in mera clausola di stile.

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