IL PRATICANTE AVVOCATO PUÒ RENDERE CONSULENZE?
Come è noto l'attività di assistenza in giudizio deve essere svolta da un avvocato iscritto all'albo.
Il praticante avvocato, proprio perché aspira a diventare un professionista, assume compiti e funzioni professionali che lo avvicinano alla figura dell’avvocato, sia pure con precisi limiti: è titolare, quindi, di uno “status” abilitativo, limitato e temporaneo, che gli consente di compiere alcune attività proprie della professione sotto il controllo di un avvocato.
Pertanto il contratto eventualmente concluso tra il praticante avvocato e il cliente, avente ad oggetto il compimento di atti processuali è nullo. Inoltre, il praticante potrà incorrere nel reato di esercizio abusivo della professione forense. Rientrano tra le attività di natura giudiziale, in quanto tali precluse al praticante, non soltanto quelle che consistono nel compimento di veri e propri atti processuali, ma anche quelle che si svolgano al di fuori del processo, purché preordinate allo svolgimento di attività propriamente processuali o ad esse complementari.
Per la giurisprudenza, ad esempio, rientra fra le prestazioni giudiziali l’attività svolta dal difensore per la conclusione di una transazione che ponga termine ad una lite, ancorché la transazione stessa abbia luogo non sotto forma di conciliazione davanti al Giudice, ma mediante un accordo extraprocessuale.
E per quel che attiene alla consulenza stragiudiziale? In altri termini, un praticante semplice o praticante abilitato che sia, può prestare autonomamente la propria assistenza per una richiesta di risarcimento a una compagnia assicurativa per un sinistro, per rispondere ad una lettera di diffida, oppure per la redazione di un contratto?
L'articolo 2 della nuova legge forense sancisce per la prima volta in modo inequivoco la possibilità per coloro che non sono avvocati, ma solo iscritti nei registri speciali per i praticanti semplici e abilitati, di prestare la propria opera professionale in qualità di consulenti su questioni legali in ambito stragiudiziale, purché non connesse a giudizi già in corso patrocinati da un avvocato.
Sul punto la Corte di cassazione, rilevato che l’iscrizione all’albo degli avvocati è essenziale per l’esercizio della attività giudiziale, conferma che il praticante può svolgere attività stragiudiziale, senza necessaria autorizzazione o abilitazione. La Corte ha altresì riconosciuto al praticante il diritto al compenso per le attività di consulenza stragiudiziale fornite.
I praticanti avvocati sono tenuti agli stessi doveri deontologici degli avvocati abilitati alla professione. Ovviamente, suddetta parificazione si estende anche al compimento, da parte del praticante, dell’attività di consulenza stragiudiziale.
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