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IN CASO DI TRASFUSIONI CON SANGUE INFETTO CHI È RESPONSABILE?

Recentemente la Cassazione si è occupata di una questione relativa all’insorgenza di patologie conseguenti ad infezioni causate dai virus HBV, HIV e HCV contratte a causa di assunzione di emotrasfusioni o di emoderivati con sangue infetto.
Il caso riguarda una signora che intentava una causa contro il Ministero della Salute per richiedere un risarcimento per il danno subito a seguito di un’emotrasfusione di sangue infetto. Il tribunale accoglieva la richiesta della signora e condannava il Ministero al pagamento di quasi 400 mila euro, oltre agli interessi; il Ministero impugnava la sentenza ma la corte d’appello confermava la decisione del tribunale.

Successivamente, il Ministero presentava un ricorso per cassazione; tuttavia, con l’ordinanza n. 21695 del 14 giugno 2022, la suprema corte dichiarava il ricorso inammissibile, richiamando la giurisprudenza secondo la quale il Ministero della Salute è responsabile dei danni causati dalle infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte attraverso emotrasfusioni o emoderivati contenenti sangue infetto, a causa della mancata vigilanza e del mancato controllo da parte delle strutture sanitarie.

La suprema corte ha stabilito che il Ministero ha l’obbligo di controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni sia privo di virus e che i donatori non abbiano alterazioni delle transaminasi, in conformità alle norme vigenti fin dal 1958.
Giova ricordare che la responsabilità del Ministero sussisteva addirittura per le trasfusioni effettuate prima della conoscenza scientifica di tali virus e dei relativi test identificativi; infatti, già dalla fine degli anni ‘60 era noto il rischio di trasmissione di epatite virale ed era possibile la rilevazione (indiretta) dei virus, che della stessa costituiscono evoluzione o mutazione, mediante gli indicatori della funzionalità epatica, gravando pertanto sul Ministero della Salute l'obbligo di controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni e gli emoderivati fosse esente da virus e che i donatori non presentassero alterazione della transaminasi (enzima rintracciabile nel sangue che evidenzia la presenza o meno di un danno epatico).

Che cosa rileva, secondo la Corte, per stabilire che vi sia un nesso tra trasfusione e danno?
  1. il fatto che si sia verificata un’infezione (cosiddetto evento oggettivo);
  2. il fatto che, probabilmente, l’infezione derivi dalla trasfusione; in altri termini: indipendentemente e a prescindere dalla specifica malattia contratta a seguito della trasfusione di sangue infetto.

D’altra parte, la corretta determinazione di una patologia si basa sulle conoscenze scientifiche acquisite in un determinato momento storico e, in particolare, al tempo della valutazione, per cui sarebbe iniquo pregiudicare una legittima pretesa risarcitoria se è ragionevolmente certo il nesso fra l’evento (trasfusione di sangue infetto) e il danno (patologia).

 

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