Perché si sceglie un avvocato? Il rapporto Censis e qualche dubbio
Il recente rapporto Censis 2018 sullo stato dell'avvocatura italiana commissionato da Cassa Forense contiene molte statistiche interessanti, alcune delle quali riguardano i criteri per scegliere un avvocato.
Al riguardo, il Censis ha intervistato sia avvocati che cittadini potenziali clienti.
Secondo l'avvocato, a guidare il cliente nella scelta del legale sarebbero, in ordine decrescente di importanza (grafico 21: “A suo avviso cosa guida principalmente il cliente nella scelta del legale?”), i sette criteri seguenti:
1. fidelizzazione
2. competenza
3. prestigio
4. immagine
5. anzianità professionale
6. genere
7. età
Secondo il cliente, invece, sempre in ordine decrescente di importanza, i criteri di preferenza sarebbero (grafico 38: “Aspetti che potrebbero incidere sulla scelta del legale di fiducia”) i seguenti:
1. anzianità professionale
2. prestigio
3. immagine
4. età
5. genere
6. etnia
7. orientamento sessuale
Dal confronto tra le due clessifiche emerge che i sette criteri attribuiti agli avvocati non coincidono completamente con i sette attribuiti ai clienti (solo cinque coincidono), così rendendo impossibile una riflessione sulla diversa rilevanza che primi e secondi diano agli stessi criteri; d'altro canto, sembra più che una coincidenza che ben cinque criteri su sette coincidano; infine, com'è possibile che per i clienti sia più rilevante l'orientamento sessuale (settimo criterio per importanza) rispetto alla competenza (criterio nemmeno in classifica)?
Nel dubbio, ho scritto al Censis per chiedere informazioni.
L'istituto mi ha risposto subito e molto cortesemente, precisando che:
- i sette criteri sottoposti ad avvocati e clienti (in realtà nove, considerando la sovrapposizione di cinque criteri) sono stati predeterminati dal Censis;
- agli avvocati è stato effettivamente chiesto di indicare quali dei sette criteri proposti, a loro avviso, fosse più rilevante nella scelta del professionista da parte del cliente;
- ai clienti invece sono stati proposti sette criteri di discriminazione o di pregiudizio rispetto alla scelta dell'avvocato al fine di valutarne il relativo impatto;
- tale ultima precisazione non è stata riportata nel rapporto per esigenze di sintesi.
Insomma: benché la domanda posta agli avvocati e quella posta ai clienti, così come riportate nel rapporto Censis, sembrassero analoghe, non lo erano affatto.
In definitiva, non si può affermare:
1. quali siano in assoluto, statisticamente, i criteri per cui gli avvocati ritengono di essere scelti (o non scelti) dai clienti, in quanto i criteri erano predeterminati dal Censis;
2. quali siano in assoluto, statisticamente, i criteri di discriminazione o di pregiudizio più rilevanti per i clienti nella scelta di un avvocato, in quanto tali criteri erano predeterminati dal Censis;
3. quali siano in assoluto, statisticamente, i criteri per cui i clienti sceglierebbero un avvocato, in quanto non è stata svolta alcuna domanda in tal senso;
ma si può “solo” affermare:
1. che statisticamente, fra i sette criteri predeterminati dal Censis per la scelta di un avvocato da parte dei clienti, gli avvocati hanno stilato la classifica sopracitata (che premia fidelizzazione e competenza);
2. che statisticamente, fra i sette criteri di discriminazione o di pregiudizio predeterminati dal Censis, i clienti hanno stilato la classifica sopracitata (che premia anzianità professionale e prestigio).
Lo strumento del rapporto Censis è di eccezionale interesse per gli avvocati e spero che Cassa Forense continui a commissionarne l'aggiornamento in futuro: esso fornisce infatti informazioni preziose e dettagliate sullo stato e sull'evoluzione della professione forense.
Auspico però che nei prossimi rapporti il Censis fornisca ogni precisazione utile a corredo delle proprie indagini, così da evitare qualsiasi fraintendimento nel lettore: senza i chiarimenti ricevuti, io avrei erroneamente concluso che per i clienti la competenza e un consolidato rapporto di fiducia siano meno importanti dell'etnia e dell'orientamento sessuale dell'avvocato – il che ovviamente grida vendetta – e che l'immagine sia più importante della competenza (non che si possa affermare con certezza il contrario, al momento…).
Restano, insomma, la curiosità di conoscere sul serio i criteri per cui gli italiani scelgono un avvocato e la speranza di scoprirlo nel rapporto dell'anno prossimo: è chiaro, ad esempio, che se i clienti valorizzassero davvero, in assoluto, prestigio e immagine, ciò dovrebbe indirizzare in una decisione precisa l'avvocato e i suoi investimenti.
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