In caso di controversia sull'interpretazione del contratto, quanto rileva il comportamento delle parti?
In caso di controversia sull'interpretazione del contratto, il codice civile prevede alcuni criteri per chiarire il significato complessivo del contratto o di una singola clausola poco precisa: ad esempio, si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al tenore letterale della parole usate.
Quindi, può essere utile valutare il comportamento complessivo delle parti prima della conclusione del contratto, dopo la sua conclusione e durante la sua esecuzione.
I passaggi da effettuare in caso di dubbio sull’interpretazione di una clausola
In estrema sintesi, in caso di dubbio sull'interpretazione di una clausola del contratto occorre fare più passaggi:
- bisogna partire dal testo del contratto stipulato dalle parti per ricostruire la loro comune intenzione;
- verificare se questa interpretazione della volontà delle parti sia coerente con le altre clausole del contratto;
- analizzare il comportamento complessivo adottato dai contraenti.
In ogni caso bisogna considerare che il comportamento delle parti successivo alla stipula del contratto, non può mai determinare una lettura del contratto completamente diversa da quella che risulta dal tenore letterale del testo convenuto tra le parti.
Per capire meglio questo concetto è utile utilizzare un esempio che trae spunto da una decisione della Cassazione.
Un caso reale: la vendita di un immobile.
- Con una scrittura privata, Tizio alienava al fratello Caio tutti i propri diritti su un immobile.
- Tuttavia a tale scrittura privata (cioè al contratto scritto) non seguiva l'atto notarile, cioè quel passaggio formale successivo al contratto che prevede il codice civile per rendere noto il trasferimento dei diritti su beni immobili.
Alla morte di Tizio, Caio agiva contro gli eredi del fratello per accertare la vendita dell'immobile e ottenere il formale trasferimento della proprietà.
Il tribunale, però, dichiarava prescritta l'azione instaurata da Caio ritenendo che il contratto stipulato con il fratello fosse un preliminare di compravendita, anziché un contratto definitivo di compravendita, sostenendo che l'accordo raggiunto tra le parti fosse un patto ad effetti solo obbligatori e non reali, cioè senza alcun immediato trasferimento della proprietà.
Nella decisione il tribunale prima e la corte d'appello poi, valorizzavano in particolare il comportamento delle parti successivo al contratto, concentrandosi sul fatto che i fratelli non si erano mai rivolti a un notaio per formalizzare il trasferimento della proprietà entro il termine che avevano previsto nel contratto.
Tale interpretazione veniva sostenuta nonostante il tenore letterale del contratto in cui si leggevano espressioni come “vende e trasferisce”, “accetta e compera”, “intende cedere e cede”.
Sul punto, la Cassazione è intervenuta ribadendo il principio sopra esposto, ossia che il comportamento delle parti successivo alla stipula del contratto si rileva, se non è possibile desumere l'intenzione delle parti, dal testo letterale del contratto; cioè in particolare nei casi in cui, per il tipo di contratto di cui si discute, il codice civile prevede espressamente la forma scritta a pena di nullità, come nel caso della vendita di un immobile.
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