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Quali principi deve rispettare la consulenza tecnica nei procedimenti di famiglia?

Per la valutazione di questioni particolarmente complesse o che richiedono determinate competenze, il giudice può nominare un consulente tecnico d'ufficio: nei procedimenti che riguardano minori, la consulenza tecnica può avere ad oggetto, ad esempio, l'accertamento delle capacità genitoriali, la valutazione della situazione del minore e il suo ascolto.

Nei procedimenti di adozione del minore è essenziale l'accertamento della situazione di abbandono del minore, in quanto presupposto della dichiarazione di adottabilità. Tale accertamento viene spesso affidato a una consulenza tecnica d'ufficio finalizzata ad accertare:

  • l'effettiva condizione familiare del minore,
  • la presenza di pregiudizi per il suo benessere psicofisico,
  • le eventuali residue capacità genitoriali,
  • eventualmente i tempi di recupero della famiglia.

Nel processo e specificamente nell'ambito di una consulenza tecnica d'ufficio deve essere garantito il diritto di difesa delle parti coinvolte: le parti hanno il diritto di nominare dei propri consulenti tecnici di fiducia e di partecipare alle operazioni peritali; all'esito della consulenza tecnica d'ufficio anche i consulenti di parte potranno redigere la propria perizia, eventualmente contestando quella del perito nominato dal tribunale, e offrire al giudice elementi utili alla decisione.

Nell'ambito dei procedimenti di famiglia uno dei principi cardine è quello dell'attualità della valutazione della situazione del minore e della sua famiglia: in altre parole, poiché le dinamiche familiari e le condizioni di vita e di salute dei genitori e del minore possono variare nel tempo, è importante che il giudice assuma una decisione partendo da un'analisi attuale e concreta della famiglia, non potendosi esclusivamente basare su accertamenti risalenti nel tempo.
Proprio per tale ragione, la Cassazione ha accolto il ricorso di una mamma e di una nonna che in appello avevano chiesto l'integrazione della consulenza tecnica d'ufficio, in quanto quella a disposizione del giudice era stata svolta in primo grado e si fondava su valutazioni risalenti a ben quattro anni prima, non conteneva l'osservazione, nell'attualità, del rapporto madre-figlia e non considerava la positiva volontà di recupero delle capacità genitoriali che era stata ampiamente dimostrata da perizie cliniche successive del consulente tecnico di parte della mamma.

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