L'affidamento e l'adozione del minore
Qual è la differenza tra l'affidamento familiare e l'adozione del minore? Quali procedure di adozione esistono a tutela del minore? Cos'è la step child adoption?
La differenza tra affido familiare e adozione
L'affidamento familiare e l'adozione sono due differenti istituti di protezione del minore:
- l'affidamento familiare è funzionale al rientro del minore nella propria famiglia dopo l'esito positivo di un progetto di recupero delle capacità genitoriali predisposto dai servizi sociali (può essere "consensuale" o "giudiziale" a seconda del fatto che i genitori del minore prestino il proprio consenso al progetto di recupero o no);
- l'adozione - quella cosiddetta "piena" - presuppone l'accertamento dello stato irreversibile di abbandono morale e materiale del minore e ne determina il definitivo allontanamento dalla famiglia d'origine e l'inserimento in una nuova famiglia (o in una comunità familiare);
In ogni caso tutti i provvedimenti di tutela del minore nascono da una segnalazione di una situazione di rischio direttamente alla procura presso il tribunale per i minori o indirettamente ai servizi sociali. Questi ultimi possono intervenire a seconda della gravità del caso concreto sotto la vigilanza del giudice tutelare o su mandato del tribunale per i minori.
L'AFFIDAMENTO DEL MINORE AL SERVIZIO SOCIALE DOPO LA RIFORMA CARTABIA
La riforma Cartabia ha introdotto nuovo articolo 5bis all'interno della legge adozione (legge 4 maggio 1983 n. 184) per disciplinare l'affidamento del minore al servizio sociale: salvi i casi di urgenza, il minore può essere affidato ai servizi sociali solo quando si trovi in una condizione di pregiudizio che richiede l’applicazione di una misura di limitazione della responsabiltà genitoriale ex articolo 333 c.c. e gli interventi di sostegno alla famiglia previsti dall’articolo 1 della legge adozione si siano rivelati inefficaci o i genitori non abbiano collaborato alla loro attuazione.
Con il provvedimento che dispone l'affidamento del minore al servizio sociale il tribunale è tenuto a indicare:
a) il soggetto presso il quale il minore è collocato;
b) gli atti che devono essere compiuti direttamente dal servizio sociale dell’ente locale, anche in collaborazione con il servizio sanitario, in base agli interventi previsti dall’articolo 4, comma 3;
c) gli atti che possono essere compiuti dal soggetto collocatario del minore;
d) gli atti che possono essere compiuti dai genitori;
e) gli atti che possono essere compiuti dal curatore nominato ai sensi dell’articolo 333, secondo comma, del codice civile;
f) i compiti affidati al servizio sociale ai sensi dell’articolo 5, comma 2;
g) la durata dell’affidamento, non superiore a ventiquattro mesi;
h) la periodicità, non superiore a sei mesi, con la quale il servizio sociale riferisce all’autorità giudiziaria che procede ovvero, in mancanza, al giudice tutelare sull’andamento degli interventi, sui rapporti mantenuti dal minore con i genitori, sull’attuazione del progetto predisposto dal tribunale.
Nei procedimenti instaurati dopo il 30 giugno 2023, la riforma Cartabia prevede l'obbligo di ascolto diretto del minore, ossia non sarà più possibile delegare tale compito ai giudici onorari, che potranno al più assumere il ruolo di ausiliari (articolo 473-bis.1, secondo comma, c.p.c.): tale previsione mira a garantire le garanzie di giusto processo e alta specializzazione del giudice in una delle fasi più delicate dei procedimenti minorili quale l'ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano.
La Cassazione, con ordinanza 21 novembre 2023 n. 32290, ha affermato che l'affidamento del minore ai servizi sociali, oggi specificamente disciplinato dall’art. 5-bis della legge 4 maggio 1983 n. 184, costituisce una species del più ampio genus dell’affidamento a terzi, ma presenta alcune peculiarità, in ragione della natura e delle funzioni dei servizi sociali ed anche delle ragioni che determinano il giudice della famiglia a scegliere un soggetto pubblico, avente compiti istituzionali suoi propri, prefissati per legge, e non una persona fisica individuata in ambito familiare.
Al diritto del minore di vivere nella propria famiglia, infatti, può derogarsi quando l'ambiente familiare sia inadeguato a garantire una sua armoniosa crescita, poiché i genitori non sono mai legittimati ad adottare decisioni o assumere comportamenti pregiudizievoli per il figlio (Corte EDU, Grande Camera, 6 luglio 2010 Neulinger e Shuruk c. Svizzera, Corte EDU, 12 febbraio 2019, Minervino e Trausi c. Italia; Corte EDU, 13 ottobre 2015, S. H. c.Italia).
Come sopra esposto, la Cassazione riconosce che gli interventi a tutela del minore possono essere distinti tra
a) interventi di sostegno e supporto alla famiglia, ampliativi di quelle che sono le risorse destinate al benessere del minore: in questi casi il giudice affianca ai genitori un soggetto terzo, con la finalità di supportarli ed assisterli nello svolgimento dei loro compiti e nulla viene tolto a quell’insieme di poteri e doveri che costituiscono la responsabilità genitoriale;
b) interventi in tutto o in parte ablativi: rilevata l’incapacità totale o parziale del genitore ad assolvere i suoi compiti si dichiara la decadenza dalla responsabilità genitoriale o le si impongono limiti; in quest’ultimo caso alla sfera delle funzioni genitoriali (poteri e doveri) vengono sottratte alcune competenze e il compito di esercitare le funzioni tolte ai genitori (e le correlate responsabilità) viene demandato a terzi.
LE PROCEDURE DI ADOZIONE IN ITALIA
Le procedure di intervento delle pubbliche autorità nella famiglia presuppongono tutte la valutazione dell'interesse del minore.
Nello specifico, le procedure di adozione previste dal nostro ordinamento mirano a garantire il diritto del minore a crescere in una famiglia, ancorché (a seconda dei casi) diversa da quella d'origine quando quest'ultima non possa in alcun modo garantire il benessere del minore.
In Italia, esistono differenti procedure di adozione del minore:
- l'adozione piena, sul presupposto che il minore sia dichiarato adottabile dal tribunale per i minorenni perché in stato di abbandono morale e materiale;
- l'adozione semplice (o c.d. adozione in casi particolari), per la quale è sufficiente che il minore si trovi in una delle condizioni previste dall'articolo 44 legge adozione anche in assenza di uno stato di abbandono;
- l'adozione internazionale, con riferimento a un minore straniero considerato adottabile dalla legge nazionale del Paese in cui si trova (la legge italiana presuppone sempre lo stato di abbandono ma l'accertamento è rimesso alle autorità straniere).
Ancora diversa, chiaramente, è l'adozione del maggiorenne per presupposti, finalità ed effetti.
L'adozione in casi particolari ex articolo 44 legge adozione e il caso della step-child adoption
L'articolo 44 della legge adozione disciplina l'adozione semplice o c.d. adozione in casi particolari che può essere promossa:
a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, anche maturato nell'ambito di un prolungato periodo di affidamento, quando il minore sia orfano di padre e di madre;
b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell'altro coniuge;
c) quando il minore si trovi nelle condizioni di disabilità indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre;
d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.
Nei casi di cui alle lettere a), c), e d) l'adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato e cioè anche da parte di persone single, indipendentemente dall'orientamento sessuale - come affermato fin dal 2014 dalla giurisprudenza.
Proprio l'articolo 44, lettera d), legge adozione consente al tribunale per i minorenni di valutare se - in una famiglia omoaffettiva - risponde all'interesse del minore l'adozione da parte del genitore sociale, riconoscendo così la c.d. step-child adoption.
Nel nostro ordinamento, quindi, attraverso l’adozione in casi particolari è possibile ottenere, in via mediata, l'adozione del figlio del partner anche nell'ambito di un'unione civile attraverso il «riconoscimento di una relazione affettiva già instaurata e consolidata con chi se ne prende stabilmente cura», considerando che ciò risponde «all’esigenza di assicurare il rispetto del preminente interesse del minore, e va disposta al fine di salvaguardare, in concreto, la continuità affettiva ed educativa dei legami in atto dello stesso con i soggetti che se ne prendono cura».