Cosa sono i procedimenti di istruzione preventiva?

I procedimenti di istruzione preventiva sono misure cautelari particolari che trovano giustificazione nella sussistenza di ragioni d’urgenza; sono procedimenti che permettono di assumere uno o più mezzi istruttori:

  • prima del giudizio al quale si riferiscono;
  • in corso di causa ma prima che il giudice istruttore lo/li abbia ammesso/i;
  • durante la sospensione/interruzione del giudizio.

La caratteristica principale di tali procedimenti consiste nella loro provvisoria indipendenza dal giudizio sull’ammissibilità o rilevanza della prova: è infatti il giudice di merito, successivamente e in maniera autonoma, a svolgere tale valutazione; inoltre, nel corso del giudizio, il giudice può disporre la rinnovazione dei mezzi di prova già assunti in via preventiva.

In via generale, la domanda di istruzione preventiva si propone con ricorso al giudice che sarebbe competente per la causa di merito; tuttavia, in casi di eccezionale urgenza, la domanda può essere proposta anche al tribunale del luogo in cui la prova deve essere assunta. In ogni caso, la domanda deve indicare i motivi dell’urgenza.

Essendo l’istruzione preventiva retta da una disciplina procedimentale autonoma rispetto a quella dettata per i procedimenti cautelari in generale, non trova applicazione l’articolo 669 quater c.p.c. che, per l’ipotesi di giudizio pendente innanzi al giudice di pace, devolve al tribunale la competenza a conoscere della domanda di tutela cautelare: per l’istruzione preventiva può essere competente sia il giudice di pace che il tribunale in composizione monocratica.

A seguito della presentazione della domanda, il presidente del tribunale o il giudice di pace fissa con decreto l’udienza di comparizione e stabilisce il termine perentorio per la sua notificazione. All’udienza, quando occorre, il giudice assume sommarie informazioni e provvede con ordinanza non impugnabile, formulando i quesiti e fissando l’udienza nella quale il consulente tecnico d’ufficio (il C.T.U.) deve comparire; l’ordinanza viene notificata al C.T.U. dal cancelliere. All’udienza fissata, il C.T.U. presta il giuramento e il giudice fissa la data per l’inizio delle operazioni peritali.

Quali sono i singoli mezzi di istruzione preventiva?

  1. Assunzione preventiva di testimoni;
  2. Accertamento tecnico e ispezione giudiziale.

In cosa consiste l’accertamento tecnico preventivo (ATP)?

L’articolo 696 c.p.c. dispone che “Chi ha urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato di luoghi o la qualità o la condizione di cose può chiedere… che sia disposto un accertamento tecnico o un’ispezione giudiziale.

L’accertamento tecnico e l’ispezione giudiziale, se ne ricorre l’urgenza, possono essere disposti anche sulla persona dell’istante e, se questa vi consente, sulla persona nei cui confronti l’istanza è proposta (la controparte) – ovviamente tali accertamenti devono avvenire nel rispetto della dignità e della inviolabilità della persona.

L’accertamento tecnico di cui al primo comma può comprendere anche valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all'oggetto della verifica...”.

L’ATP è un procedimento attraverso il quale un esperto, neutrale e imparziale, viene incaricato dal giudice, in qualità di C.T.U., di valutare una situazione o un evento tecnico al fine di fornire una perizia tecnica preventiva; può essere richiesto dalle parti coinvolte in una controversia legale o può essere ordinato dal tribunale stesso per chiarire fatti tecnici che possono influenzare l’esito di un processo.

Se, all’udienza di comparizione, ammette l’ATP o l’ispezione giudiziale, il giudice nomina il C.T.U. e fissa l’inizio delle operazioni. Il procedimento deve concludersi nel termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso e si conclude con il deposito della relazione di consulenza tecnica: nel caso in cui il procedimento non si concluda nei termini indicati, l’attore deve introdurre il giudizio di merito nelle forme di cui agli articoli 702 bis e seguenti del codice di procedura civile entro novanta giorni dalla scadenza del termine semestrale, con l’elevata probabilità che il giudice disponga il mutamento di rito per la mancanza dell’elaborato peritale.

La L. 80/2005 e l’introduzione dell’articolo 696 bis c.p.c.

In numerose controversie il reale oggetto del contendere è costituito dall’esatta determinazione del quantum (e non dall’accertamento dell’esistenza del diritto, cioè il cosiddetto “an”): è per questo che il legislatore, con la L. 80/2005, ha introdotto l’articolo 696 bis c.p.c.; tale articolo dispone che “L’espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell'articolo 696 (non è dunque richiesta l’allegazione del periculum in mora ma occorre indicare il fumus boni iuris, nonostante non si tratti di misura cautelare e ciò, principalmente, al fine di (i) facilitare la discussione in vista dell’eventuale conciliazione, (ii) individuare la situazione sostanziale), ai fini dell'accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti".

Il giudice provvede ai sensi degli articoli 694 e 695 c.p.c., nomina il C.T.U. e fissa la data di inizio delle operazioni.

Coerentemente con l’obiettivo della norma, ossia favorire una definizione stragiudiziale della controversia, il C.T.U. ha l’obbligo di tentare la conciliazione prima del deposito della relazione, e:

  • in caso di esito positivo del tentativo di conciliazione, il verbale riceve efficacia esecutiva con decreto del giudice;
  • in caso di esito negativo del tentativo di conciliazione, il C.T.U. deposita la relazione, che ciascuna delle parti può chiedere di acquisire nel successivo giudizio di merito (che la parte stessa ha l’onere di introdurre).

Ai fini dell’ammissibilità del rimedio in questione, si ritiene che, nel ricorso introduttivo, l’istante debba indicare, quanto meno sommariamente, la domanda (e/o le eccezioni) che potrebbero essere oggetto della successiva fase di merito.

La rilevanza dell’ATP in materia di responsabilità medica

L’articolo 8 della L. 24/2017 (c.d. Gelli – Bianco):

  • assoggetta tutte le controversie di risarcimento del danno da responsabilità medica al rito sommario di cognizione di cui agli articoli 702 e seguenti c.p.c.;
  • sancisce che “Chi intende esercitare un’azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell'articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente.

La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento. È fatta salva la possibilità di esperire in alternativa il procedimento di mediazione”.

Dunque, in materia di risarcimento del danno da responsabilità medica, l’istante, prima di instaurare un procedimento civile, è tenuto a proporre ricorso per ottenere una consulenza tecnica preventiva con finalità conciliativa oppure ad esperire il procedimento di mediazione ai sensi dell’articolo 5, comma 1 bis, D.lgs. 28/2010.

Il fatto che l’articolo 8 della legge Gelli-Bianco sancisca che, successivamente al fallimento del tentativo di conciliazione, sia obbligatorio il rito sommario di cognizione (la cui competenza è solo del tribunale in composizione monocratica) induce a dubitare che il giudice di pace abbia competenza in materia. 

Il giudice può anche disporre il mutamento di rito qualora la consulenza non sia stata ultimata entro il termine previsto, oppure qualora ritenga di disporre una nuova consulenza tecnica e in tutte le altre ipotesi di particolare complessità dell’istruzione.

Mediazione o ATP?

Entrambi gli istituti in questione perseguono una finalità conciliativa. L’accordo raggiunto in mediazione e quello raggiunto all’esito della consulenza tecnica preventiva non presentano molte differenze; la differenza più rilevante è la seguente:

  • la relazione tecnica redatta dal C.T.U. nominato dal giudice può fare ingresso nel successivo processo per il tramite di una mera istanza di parte e senza una previa valutazione di ammissibilità e di rilevanza da parte del giudice (che potrà comunque disporne una nuova a integrazione);
  • la relazione tecnica redatta dall’esperto eventualmente nominato nel procedimento di mediazione (cosiddetto C.T.M.) risulta essere una prova atipica, la cui acquisizione dipende da un prudente apprezzamento del giudice.

I principali vantaggi del procedimento ex articolo 696 bis c.p.c. sono i seguenti:

  1. favorire la formazione di un risultato istruttorio di natura tecnica acquisibile in sede processuale destinata a svolgersi, appunto, secondo le più semplificate forme degli articoli 702 bis e seguenti, c.p.c.: invece, esaurito il procedimento di mediazione, il rito del processo è quello ordinario di cui agli articoli 163 e seguenti c.p.c. e non quello sommario di cui agli articoli 702 bis e seguenti c.p.c., salva diversa scelta dell’interessato e per disposizione del giudice del tribunale (non del giudice di pace), qualora ritenga utilizzabile la relazione del consulte tecnico espletata in mediazione;
  2. possibilità di coinvolgere già nell’ATP le compagnie di assicurazione al fine di perseguire al meglio la finalità conciliativa – nella mediazione è piuttosto raro che le compagnie assicurative partecipino attivamente.

La nomina del C.T.U. e le sue attività

A differenza della nomina dell’esperto nel procedimento di mediazione, nell’ATP la nomina del consulente avviene attraverso un provvedimento del giudice; a tale riguardo, l’articolo 15, comma 1, della legge Gelli-Bianco sancisce che “Nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l’autorità giudiziaria affida l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento, avendo cura che i soggetti da nominare, scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3, non siano in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento in altri connessi e che i consulenti tecnici d'ufficio da nominare nell’ambito del procedimento di cui all'articolo 8, comma 1, siano in possesso di adeguate e comprovate competenze nell'ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi”.

PER CONSULENZA MIRATA

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